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tale del gas naturale prodotto negli Stati Unit a oltre il 20%, Malgrado la resa di giacimento sia molto bassa (25 –
30% del gas in posto contro il 70 – 80% della resa nei giacimenti convenzionali) e malgrado la curva di produzione
abbia un picco nei primi 2 – 3 mesi di produzione per poi assestarsi su valori costanti ridotti del 50% rispetto al pic-
co, la produzione di shale gas nel resto del mondo è oggi limitata per ragioni, per altro non dimostrate, di carattere
ambientale (e cioè per il rischio derivante da possibili locali e modesti terremoti, conseguenti alla fratturazione del-
le rocce in giacimento. Per questa ragione la Francia ha vietato la perforazione di pozzi per “shale gas”).
IL RUOLO DELL’ITALIA NELL’ERA DEL GAS NATURALE
L’Italia insieme agli Stati Uniti può vantare di aver messo in produzione molto prima di altri giacimenti di Gas Natu-
rale e di aver costruito una fitta rete di gasdotti per la sua distribuzione ed utilizzazione. Era il Marzo del 1946 l’anno
della messa in produzione del primo pozzo gassifero della Pianura Padana (l’esistenza del giacimento era in verità
conosciuta da alcuni anni ma la sua esistenza era stata taciuta per ragioni belliche) ed è del 1949 la scoperta del
giacimento di Cortemaggiore vicino a Piacenza, pubblicizzato come campo petrolifero quando invece era prevalen-
temente gassifero. Il merito di queste scoperte va all’ENI ed in particolare alla sua consociata Agip Mineraria. Da
allora l’Italia è diventata uno dei maggiori produttori di gas naturale. Nel 1965 era quinta dopo: Stati Uniti (che nel
1825 già utilizzavano il gas per la illuminazione della città di Fredonia), URSS, Romania e Messico e produceva 7 mi-
liardi di metri cubi all’anno. Fino al 1995 l’Italia ha aumentato l’estrazione di gas naturale dei suoi giacimenti padani
(alcuni in Mare Adriatico) fino al valore di oltre 20 miliardi di metri cubi all’anno. Da allora con un preoccupante
calo dovuto all’esaurimento degli storici giacimenti e dalla avversa normativa nazionale e regionale alle nuove per-
forazioni, la riduzione è stata continua fino a raggiungere i 4,5 miliardi di metri cubi nel 2019. Così l’Italia da auto-
sufficiente è diventata importatrice di gas naturale per soddisfare il suo bisogno di circa 50 miliardi di metri cubi
all’anno (2018). Le sue nuove fonti dall’inizio del Duemila sono diventate, via gasdotto: Russia, Olanda, Algeria e
Libia e in aggiunta piccole partite di LNG (Liquid Natural Gas) provenienti dal Qatar e dalla Nigeria (via mare). Dalla
Russia nel 2018 sono arrivati 25,4 miliardi di metri cubi tramite il gasdotto Orenburg-Tarvisio inaugurato nel 1974
con il contributo dei tubi prodotti dalla ITALSIDER; dalla Algeria sono arrivati nello stesso anno 16,3 miliardi di metri
cubi grazie all’oleodotto transmediterraneo, costruito dalla italiana SAIPEM del Gruppo ENI nel 1983. Quantità mi-
nori ci vengono fornite dal campo gassifero olandese di Gröningen (nel 2018 = 1,1 miliardi di metri cubi che nel pas-
sato avevano raggiunto gli 8 miliardi) e dalla Norvegia (2,3 miliardi di metri cubi).
L’importazione di gas naturale (4,3 miliardi di metri cubi all’anno) dalla Libia è il collegamento più recente con l’Afri-
ca (2005).
Esso è avvenuto grazie ad un gasdotto di 540 kilometri che collega il terminale libico di Mellitah con la Sicilia, che ha
battuto il record mondiale di profondità marina di posa nel Mediterraneo pari a 1.160 metri. L’Italia nel suo proces-
so di sostituzione graduale del petrolio con il gas naturale (erroneamente chiamato: “di metanizzazione”) ha come
obiettivo il consumo entro 10 anni di 100-120 miliardi di metri cubi all’anno per conseguire il quale ha bisogno di
altri fornitori oltre a quelli qui citati. Il prossimo sarà il gasdotto Azerbaijan – Grecia – Puglia tuttora in fase di posa.
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