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PANGEA Numero 8 Anno 2022
Fig 3. In passato la pietra, molto più di oggi, aveva una funzione portante, dovendo sostenere carichi in forma permanente.
In queste situazioni la conoscenza della resistenza alla compressione è fondamentale Alhambra di Granada, Spagna; marmo di
Macael)
Oggidì la funzione strutturale viene espletata da altri materiali (es.: calcestruzzo, acciaio); la pietra naturale è
impiegata soprattutto con funzioni di rivestimento e copertura, limitando i casi in cui essa riveste la funzione
portante. Ciononostante essa resta a buon diritto un parametro della massima rilevanza, e il test per la sua valuta-
zione rimane uno dei test di maggior utilità e, come tale, uno tra i più utilizzati in ambito internazionale poiché dà
un’idea della resistenza globale di un materiale lapideo. Anche se la pietra, una volta in opera, non è sollecitata
direttamente per compressione, sottoporla egualmente a questo test fornisce infatti indicazioni preziosissime, che
hanno comunque rilevanza e significato sia per la caratterizzazione della pietra stessa, sia per gli impieghi cui essa
può venir destinata. Poter desumere molti altri caratteri di un lapideo dalla sua resistenza a compressione, anche
laddove non sarebbe strettamente necessario eseguire questa prova, rende quindi la prova stessa interessante in
ogni caso.
Nel precedente articolo di questa Rubrica [n° 6 di PANGEA (Marzo-Giugno 2021)], si è parlato di massa volumi-
ca e di porosità, specificando che i vuoti (pori) di una roccia non partecipano ad alcun tipo di resistenza meccanica e
che hanno una compressibilità infinita; se noi sottoponiamo infatti una pietra a sollecitazioni meccaniche di vario
tipo (e la compressione è una sollecitazione pienamente meccanica), la resistenza è affidata interamente alle parti
solide della pietra, cioè al suo scheletro, non ai suoi vuoti. Anzi: essendo i vuoti altamente comprimibili, più ve ne
sono, più una pietra tenderà a frantumarsi facilmente.
Ecco allora che registrare in un test a compressione valori non elevati è indice di una struttura interna poco
compatta. Constatare che i valori di resistenza a compressione sono bassi, o anormalmente bassi (per un dato ma-
teriale), o anche solo saperlo, senza vedere il campione, indica già che il materiale ha scarsa compattezza o un bas-
so stato di “freschezza”. E questo, nella stragrande maggioranza dei casi, significa che anche altre resistenze mec-
caniche risulteranno verosimilmente scadenti, come la flessione, la tenacità (resistenza all’urto), la resistenza all’an-
coraggio (di cui si parlerà nei prossimi numeri della rivista), ed altre ancora. Esiste quasi sempre una certa correla-
zione tra i valori di porosità (aperta e totale) e massa volumica e la resistenza a compressione: elevati valori di po-
rosità e bassi valori di massa volumica determinano sempre una resistenza a compressione dai valori contenuti, se
non bassi. Preme sottolineare, a questo riguardo, che, anche laddove la pietra naturale esibisce valori definiti
“contenuti” o “bassi”, questi sono altamente sufficienti per gli impieghi ordinari nel settore edile e costruttivo. In
linea del tutto generale, infatti, la pietra naturale vanta valori che sono notoriamente elevati, anche in raffronto a
molti altri materiali da costruzione. Prova ne siano non solo la storia delle costruzioni su tutto il pianeta, che ha vis-
to l’impiego di una gamma pressoché infinita di materiali lapidei, ma anche un comportamento in esercizio quasi
sempre caratterizzato da elevati livelli di sicurezza e di durevolezza.
Ciò detto, vediamo quali sono le situazioni nelle quali una pietra si trova a lavorare “a compressione”. I casi più
significativi sono i già citati impieghi con funzione portante, certamente ridimensionati rispetto al passato, ma pur
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