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Rubriche

              E’ appena il caso di ricordare che, in situazioni di pioggia, e conseguente assorbimento d’acqua da parte della
         pietra, è opportuno tenere in debita considerazione il suo incremento di peso, il quale, certamente trascurabile in
         molti casi, potrebbe non esserlo in altri. Tutti i casi di incremento di peso da acqua assorbita configurano situazioni
         di carico statico transitorio, che potrebbe tuttavia diventare accidentale in quelle zone dove gli eventi piovosi sono
         rarissimi.
             Vi è poi un caso particolare, degno di nota per la sua frequenza, soprattutto nelle realizzazioni in pietra del
         passato. In molti rivestimenti parietali esterni di tipo tradizionale (con posa a malta cementizia), ma anche in nu-
         merose  pavimentazioni  esterne,  le  lastre,  disposte  a  giunto  chiuso,  creano  un  corpo  unico  con  la  sottostante
         struttura muraria. In queste situazioni, con importanti variazioni di temperatura, la differenza tra i coefficienti di
         dilatazione della pietra e del suo supporto (cemento, o calcestruzzo, o muratura sensu lato), unita all’assenza del
         giunto, impedisce sia alle lastre, sia alla struttura muraria, di assecondare liberamente le proprie variazioni dimen-
         sionali in funzione delle variazioni di temperatura. La dilatazione delle lastre, da un lato, porta le stesse a premere
         le une contro le altre, “lavorando” cioè in compressione; dall’altro, a ridurre progressivamente l’aderenza al sub-
         strato a causa della differente dilatazione del supporto rispetto alla pietra. Il risultato finale è una lesione delle
         lastre, costrette a “lavorare” a compressione per variazioni termiche. In applicazioni verticali, l’evoluzione dei feno-
         meni porta poi al trasferimento del peso del rivestimento sui corsi sottostanti di lastre, con frequenti rotture sui
         bordi (Figura 8), distacchi e cadute delle lastre stesse, favoriti anche dalla perdita di aderenza alla malta a tergo, a
         causa proprio delle differenti dilatazioni termiche tra supporto e pietra.

































         Fig. 8. Dettaglio di un prospetto verticale esterno, rivestito in marmo bianco cristallino, posato a malta cementizia. La paren-
                 tesi graffa indica una fascia dove si concentrano numerose “sbeccature” alla base di una lastra. Vedi testo.
                                                   Edificio privato, Massa


             Sapendo in anticipo che questa potrebbe essere la modalità di installazione (peraltro ancor oggi adottata) della
         pietra, non sarà inutile valutare la sua resistenza a compressione anche laddove ciò poteva non essere previsto.
             Quali sono i fattori che influenzano questo importante parametro meccanico? Tra i numerosissimi, intrinseci al
         materiale (geologici, mineralogici, petrografici e strutturali) ed estrinseci, la cui descrizione non può trovare spazio
         in questa breve nota, è doveroso menzionarne almeno uno, intrinseco al materiale lapideo: l’anisotropia planare,
         più spesso definita “verso”.  Come è noto, numerosi lapidei mostrano una “direzionalità”, un’orientazione preferen-
         ziale, lungo la quale possono essere suddivisi con maggior facilità e lungo la quale si registrano normalmente i mi-
         nori valori delle resistenze meccaniche, ivi compresa quella a compressione. A questa direzione si dà il nome di
         “verso” (o “falda”, “vena”, “pioda” ecc.).
             Tutte le volte che abbiamo a che fare con materiali con anisotropia (anche non necessariamente evidente da
         un punto di vista macroscopico), o orientati, o stratificati o, in ogni caso, con un “verso” ben apprezzabile, è neces-
         sario testare i provini tenendo conto dell’orientazione (Figure 9 - 10) poiché i valori che si registrano secondo dire-

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