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PANGEA Numero 6 Anno 2021
Per l’operatore economico ciò si traduce in inosservanza dell’obbligo di leale collaborazione idoneo a giustificare la
risoluzione del contratto.
4.2. La natura delle determinazioni
A mente dell’art.6, co. 3, decreto Semplificazioni, le determinazioni del C.C.T. hanno la natura di lodo contrattuale
ex art. 808 ter c.p.c., salva diversa e motivata volontà espressamente manifestata in forma scritta dalle parti stesse
(la norma non chiarisce in quale momento debba essere manifestata tale motivata volontà. Potrebbe ritenersi che
tale volontà sia da definirsi prima della formalizzazione delle determinazioni).
I provvedimenti assunti dal collegio hanno valenza negoziale e di fatto integrano le pattuizioni del contratto siglato
tra le parti. A rafforzare questa tesi vale quanto previsto dalla norma «l’inosservanza delle determinazioni è valuta-
ta ai fini della responsabilità per danno erariale e costituisce, salvo prova contraria, grave inadempimento degli
obblighi contrattuali» (v. comma 3)
La valenza della decisione costituisce il fulcro dell’istituto, che lo differenzia dagli altri strumenti previsti per la
soluzione anticipata delle controversie, accordo bonario in primis che, proprio per la mancata vincolatività nei con-
fronti delle parti, ha perso attrattiva nel proprio utilizzo. Le integrazioni operate sul contratto dalle determinazioni
implicano la modifica dell’accordo, il mancato rispetto delle stese naturalmente si traduce in violazione del con-
tratto.
L’osservanza delle determinazioni da parte della s.a. costituisce causa esclusione da responsabilità per danno era-
riale, salvo il dolo.
Ciò comporta, dunque, una deroga al divieto gravante sulla P.A. di avvalersi dell’arbitrato irrituale o libero per la
risoluzione delle controversie derivanti dai contratti di appalto pubblico (Cass. civ., 7759/2020; Cass. civ.,
28533/2018).
Secondo la giurisprudenza la formazione della volontà contrattuale della P.A. non può essere delegata a terzi estra-
nei giacché il perseguimento dell’interesse pubblico verrebbe affidato a soggetti sottratti a ogni controllo.
Al riguardo, vale chiarire che con l’arbitrato rituale, le parti hanno inteso demandare agli arbitri una funzione sosti-
tutiva di quella del giudice: deroga alla competenza del giudice ordinario che ha natura eccezionale.
Con l’arbitrato irrituale, le parti hanno inteso demandare agli arbitri la soluzione di determinate controversie in via
negoziale come apprezzamenti tecnici (Cass. civ., Sez. II, 28.6.2000, n. 8788). A sostegno e a favore della scelta
operata dal legislatore (natura di lodo contrattuale) si potrebbe rilevare che il procedimento ne gioverebbe in ter-
mini di celerità.
Aspetti problematici di tale scelta, tuttavia, sono i seguenti.
i) L’impugnazione del lodo irrituale è strettamente limitata (vizi di cui all’art. 808 ter c.p.c.: es. vizi di nomina o
mancanza requisiti).
ii) Si pongono dubbi di compatibilità con il diritto dell’Unione e con la Costituzione in relazione ai limitati mezzi
di impugnazione (il lodo irrituale è impugnabile dinnanzi al Tribunale ma sulla base dei soli vizi indicati nell’art 808
ter c.p.c. mentre non parrebbe applicabile l’art. 1349 c.c. impugnazione per manifesta iniquità o erroneità della
determinazione del terzo).
iii) Le determinazioni del collegio non appaiono impugnabili per motivi di fatto e di diritto con una forte com-
pressione del diritto di difesa.
5. Conclusioni
La prassi applicativa dell’istituto (proiettata, ad oggi, sino al 30 giugno 2023) ci dirà come superare le eviden-
ziate criticità e i dubbi operativi, auspicando comunque interventi delle Autorità regolatorie (MIT, Anac) nonché un
significativo utilizzo del Collegio Consultivo tecnico, che può rappresentare un significativo banco di prova dei saperi
tecnici e giuridici finalizzati alla definizione (e anche alla prevenzione) dei contenziosi negli appalti di lavori ed opere
pubbliche.
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