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Rubriche

         Io avevo la morte improvvisa di mio padre negli occhi e nel cuore, non riuscivo a sentirli. Capivo e speravo di non
         capire, e dissi sì certo, domani vado giù, con chi devo parlare. E il giorno dopo mi presento, passo i tornelli della si-
         curezza. Nessuno dei tecnici che conosco si presenta, non vogliono certo vedere il capretto che va al macello.



         Scendo le scale, arrivo all’Ufficio Acquisti. Non ricordo il nome e neanche la faccia di quello che dopo il caffè mi di-
         ce: bene ingegnere. State proprio lavorando bene, ho visto la vostra offerta, eccola qui. Io lo guardo, e cerco di par-
         lare e spiegarne la logica. Lui mi ferma, e trattenendo il contratto con una mano mi dice. E’ tutto chiaro, ingegnere.
         Ma che mi dice, cosa c’è per me?


         Ah. Ecco. E io d’improvviso mi sento sereno. Nessuno mi guarda ma i miei mi vedono, quelli che ho amato e amerò
         per sempre sono lì, e dunque gli dico: per lei ovviamente ci sarà la nostra eterna gratitudine. Lui disgustato mi lan-
         cia il contratto perché lo firmi. Lo firmo, e con loro ho poi finito quel lavoro e non ne ho mai più visto un altro. L’o-
         dore di caserma non l’ho più sentito, e da allora aspetto che la città intera se ne liberi. Ma memorie così dure e
         semplici e diffuse faticano ancora a venire in superficie.


































































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