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ECONOMIA CIRCOLARE E VALORIZZAZIONE DEI RIFIUTI COME MATERIA PRIMA SECONDA

         del 19 novembre 2008 (così come modificata dalla Direttiva UE 2018/851), relativa ai rifiuti e che abroga
         alcune direttive. In coerenza con tali principi, la gestione dei rifiuti, come attività di “pubblico interesse”,
         richiede una serie di azioni nel rispetto di una scelta gerarchica, che, prioritariamente, persegue la preven-
         zione, il recupero e, in via residuale, lo smaltimento. A tal fine, pertanto, deve prevedersi da un lato il di-
         vieto di smaltire rifiuti solidi urbani non pericolosi in ambiti territoriali diversi o lontani rispetto a quelli
         topografici in cui vengono prodotti; dall’altro che tale divieto risulti mitigato dal principio di prossimità
         degli impianti di smaltimento o recupero.


             Il principio di prossimità trova applicazione nell’ordinamento italiano non solo con riferimento allo
         smaltimento dei rifiuti urbani, ma anche con riguardo al recupero dei rifiuti speciali. Ciò si desume dall’art.
         199 d.lgs. n. 152/2006 e s.m.i., che al comma 3 lettera g) dispone espressamente che i piani regionali di
         gestione dei rifiuti devono prevedere non solo “il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti
         necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, eco-
         nomicità e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all’interno di ciascuno degli ambi-
         ti territoriali ottimali di cui all’articolo 200”, ma devono anche “assicurare lo smaltimento e il recupero dei
         rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire al riduzione della movimentazione
         dei rifiuti”.


             La Corte Costituzionale nella sentenza 23 gennaio 2009, n. 10 ha evidenziato che tali norme sono
         espressive di una linea di politica legislativa favorevole ad una rete integrata di impianti appropriati, atta a
         garantire lo smaltimento dei rifiuti speciali in prossimità al luogo di produzione o raccolta al fine di ridurre
         i movimenti dei rifiuti stessi, senza che tuttavia ciò possa tradursi in un divieto (“Nella disciplina statale
         l’utilizzazione dell’impianto di smaltimento più vicino al luogo di produzione dei rifiuti speciali viene a co-
         stituire la prima opzione da adottare, ma ne permette anche altre”).


             Anche la giurisprudenza amministrativa formatasi sul punto ha ritenuto che per i rifiuti speciali ha ri-
         lievo primario il criterio della specializzazione dell’impianto in relazione al quale però deve essere sempre
         coordinato il principio di prossimità, che persegue lo scopo di ridurre il più possibile la movimentazione
         dei rifiuti (Consiglio Stato, sez. V, 23 marzo 2015, n. 1556).


             La disciplina del trattamento dei rifiuti muove, quindi, tra principio di prossimità (per ridurne al mini-
         mo la movimentazione) ed esigenza di specializzazione (per assicurarne la più efficace gestione e il recu-
         pero), imponendo l’obbligo di ridurre e minimizzare gli impianti derivanti dalla gestione dei rifiuti e, quin-
         di, anche gli impianti derivanti dalla movimentazione dei rifiuti, specie se pericolosi. Ciò in quanto l’art.
         183, comma 1, lettera n) del d.lgs. n. 152/2006 e s.m.i. comprende espressamente nella “gestione dei ri-
         fiuti” anche la fase del “trasporto” dei medesimi.


             Per garantire l’osservanza dei suddetti principi e obblighi nella gestione dei rifiuti è previsto sia dalla
         direttiva  UE  2008/98/CE  sui  rifiuti  (così  come  modificata  dalla  Direttiva  UE  2018/851)  sia  dal  d.lgs.  n.
         152/2006 e s.m.i. che per i singoli territori devono essere redatti piani di gestione dei rifiuti. Secondo l’art.
         28 della direttiva tali piani di gestione devono comprendere “un’analisi della situazione della gestione dei
         rifiuti esistente nell’ambito geografico interessato, nonché le misure da adottare per migliorare una pre-
         parazione per il riutilizzo, un riciclaggio, un recupero e uno smaltimento dei rifiuti corretti dal punto di vi-
         sta ambientale e una valutazione del modo in cui i piani contribuiranno all’attuazione degli obiettivi e del-
         le disposizioni della presente direttiva”.


             I piani regionali di gestione dei rifiuti vengono predisposti ed adottati dalle Regioni. Per l’approvazio-
         ne di tali piani si applica la procedura di cui alla Parte II del t.u. in materia di VAS. Presso i medesimi uffici
         sono, inoltre, rese disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento e alle
         motivazioni sulle quali si è fondata la decisione anche in relazione alle osservazioni scritte presentate.



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