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PANGEA Nmero 7 Anno 2021
30 anni fa (percentuale che sale al 70% nei grandi centri urbani) e quasi la metà di queste supera i 50 anni
(arrivando al 65% nei grandi centri urbani).
Al fattore età si collega direttamente il problema della manutenzione in quanto, in Italia, gli investimenti in
manutenzione delle reti si attestano su un valore medio nazionale di circa 34 euro per abitante all’anno, valore ben
lontano dalle medie europee (80 euro/abitante/anno). Direttamente connesso grava il prezzo dell’acqua per il citta-
dino in quanto l’Italia è uno dei paesi con livelli tariffari più bassi d’Europa. Lo stesso metro cubo di acqua che a Ber-
lino costa 6,03 dollari, ad Oslo 5,06 dollari, a Parigi 3,91 e a Londra 3,66 dollari, a Roma costa 1,35 dollari, con un
livello tariffario più basso soltanto ad Atene e a Mosca. Molto probabilmente, il basso costo dell’acqua potabile ha
portato l’Italia a registrare tra i 28 Paesi dell’Unione europea il maggiore prelievo annuo di acqua per uso potabile
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pro capite: 156 m l’anno (ISTAT, 2018).
La proliferazione dei gestori è considerata una delle principali cause dei bassi investimenti, anche se oggi più
contenuta che in passato. Attualmente circa 50 operatori di grandi dimensioni gestiscono l’acqua potabile per circa
30 milioni di abitanti, quasi 20 Milioni di Italiani sono serviti da operatori di medie dimensioni, 10,5 milioni di abit-
anti sono serviti da oltre 2.000 piccoli operatori locali (con una media di 5.000 abitanti serviti da ogni azienda) con
ovvie ripercussioni in termini di capacità di investimenti e di programmazione degli interventi.
Le perdite idriche totali percentuali, aliquota dell’acqua immessa che non arriva agli utenti finali, si attestano al
41,4% a livello nazionale, pari a 3,45 miliardi di metri cubi nel 2015. Nel dettaglio le perdite idriche reali, dovute a
corrosione o deterioramento delle tubazioni, rotture nelle tubazioni o giunzioni difettose e inefficienze risultano
pari al 38,3%, mentre le perdite idriche apparenti, riconducibili a consumi non autorizzati ed errori di misura, sono il
3,1% dell’acqua immessa in rete. Le regioni con la quota più elevata di comuni con perdite superiori al 70% sono
Lazio, Friuli-Venezia Giulia e a seguire le regioni nelle aree del Mezzogiorno (Figura 8) (ISTAT, 2019).
Secondo l’Istat, nel 2017, 1 famiglia su 10 ha lamentato irregolarità nell’erogazione dell’acqua. La quota di
famiglie coinvolte è ancora significativa, ma in netto miglioramento rispetto al 2002 quando quasi un famiglia su 6
aveva sofferto tale problema. L’irregolarità di disponibilità di acqua potabile in casa si manifesta in modo molto
difforme lungo la penisola, concentrandosi nel Mezzogiorno (ISTAT, 2018).
Nel 2015, un terzo dei volumi di acqua prelevati per uso potabile sul territorio italiano proviene da un tratta-
mento di potabilizzazione, più complesso rispetto alle ordinarie operazioni di disinfezione o clorazione, che consiste
nella rimozione delle sostanze contaminanti dall’acqua grezza per garantirne la qualità nelle reti, fino al rubinetto
dei consumatori.
Le acque sotterranee, essendo generalmente di migliore qualità, non richiedono di norma processi di potabi-
lizzazione, mentre, le acque superficiali richiedono il trattamento nella quasi totalità dei casi. Maggiori volumi di
acqua potabilizzata si riscontrano, pertanto, nelle aree del territorio dove più grande è il prelievo da acque superfi-
ciali come Basilicata, Sardegna, Emilia-Romagna, Puglia e Toscana (ISTAT, 2019).
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