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PANGEA Numero 8 Anno 2022
colore nelle diverse tipologie lapidee, con particolare riferimento ai minerali che del colore sono i principali respon-
sabili.
Nella seconda parte, nel prossimo numero di Pangea, saranno illustrate le relazioni tra il colore e la trasfor-
mazione dei materiali lapidei, per apprezzare come e quanto la finitura superficiale influenzi le caratteristiche cro-
matiche di una pietra, e quanti aspetti legati al colore giochino un ruolo importante per l’applicazione della stessa e
per la sua resa in esercizio.
2. Qualche Passo Indietro: Cenni Storici
L’uomo di fronte ai colori prova sensazioni contrastanti: alcune tinte suscitano allegria, serenità, piacere, ripo-
so, mentre altre sono origine di tristezza, indifferenza, talora addirittura di disagio.
Numerose sono le fonti storiche e letterarie che rivelano credenze, tradizioni e consuetudini particolari legate
ai colori; le diverse tinte sono state usate per fini magici, apotropaici e, più tardi, essenzialmente simbolici.
Quale valore aveva il rosso? Quali immagini sinistre evocava il nero, che ancor oggi, in determinati contesti,
provoca turbamento? Perché il dorato rappresentava l’incorruttibilità del corpo?
Dai significati più elementari alle oscure simbologie, dalle componenti emotive alle connotazioni etico-
religiose, il colore ha sempre determinato emozioni particolari e ha sempre caratterizzato profondamente civiltà,
popoli e relativi usi e costumi.
Non sembri lontano il legame tra i materiali lapidei - “marmi”, “graniti” e “pietre” - e le considerazioni gene-
rali che si possono fare sul significato dei colori poiché, vuoi per tradizione, vuoi per religione, vuoi per cultura, il
colore ha impresso il suo marchio nelle varie architetture, sculture, pitture, arti musive (Figura 1) e decorative che
alla pietra, e ai suoi derivati, sono intimamente legate.
Fig. 1. Mosaico pavimentale policromo. Domus dei Tappeti di Pietra, Ravenna
Nell’antichità più una società era stabile e strutturata, più l’uso sociale del colore, dei suoi codici e del suo sim-
bolismo era rigidamente stabilito; la produzione artistica dell’antico Egitto, che restò pressoché immutata nelle for-
me e nell’uso dei colori per millenni, ne è un esempio significativo.
Ancor oggi, pensando a terre come l’Egitto o la Mesopotamia, le immaginiamo rutilanti di colori grazie alla
quantità di affreschi, statue dipinte e resti architettonici policromi giunti sino a noi, mentre, se rivolgiamo il pensie-
ro ad altre civiltà mediterranee, in particolar modo a quelle greca e romana, le presumiamo erroneamente meno
colorate, acromatiche. Questa visione errata deriva dalle profonde modificazioni che il Neoclassicismo, e, ancor più,
il “bianco Napoleonico”, indussero nel patrimonio artistico, spogliandolo dei suoi colori; in nome della cultura, in-
fatti, si procedette a un’operazione di pulitura, levigatura e lucidatura dei resti antichi, delle architetture e delle
sculture, al fine di esaltare il candore - per così dire - “aulico”, della materia.
Numerosissime sculture elleniche eseguite in marmo bianco e con gli occhi vuoti, a differenza degli originali
che erano policromi, furono credute autentiche per secoli, mentre poi si rivelarono copie di statue del periodo clas-
sico. Tutto l’arco della storia greca, dall’epoca minoica al tardo Ellenismo, è un esempio di ricca policromia: le città, i
costumi e gli oggetti erano vivacemente colorati, tinti o rivestiti con smalti, stucchi e pietre. I grandi palazzi di Cnos-
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