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BENI CULTURALI
so e Festo avevano uno zoccolo di alabastro e molte sale con pavimenti a marmi policromi; le colonne e i capitelli
erano rossi, bianchi, neri (Figura 2), mentre le trabeazioni erano spesso scure.
Fig. 2. Vestigia del Palazzo di Cnosso, Creta (Grecia)
I ritrovamenti archeologici hanno confermato l’esistenza di polis vivacemente policrome e l’impiego del colore
in architettura e nella scultura; alcuni esempi su tutti, le colorazioni sulla pietra calcarea dei primi templi dell’Acro-
poli di Atene o le numerose statue kúroi e kórai (soprattutto attiche) eseguite anche in marmi policromi.
Anche il composito mondo palestinese dell’antichità vide fiorire sulle sponde del Mediterraneo complesse e
ricche civiltà all’interno delle quali il colore aveva un ruolo determinante. La civiltà fenicia stessa indica un colore:
Fenici deriva infatti dal greco Phoiníkeoi che significa “gente del paese della porpora”. Nei quartieri popolari di
molte ricche città-stato fenicie sono stati rinvenuti frammenti di pavimenti in cemento con inserimenti di ceramiche
variopinte o in coccio-pesto rosso con inserimenti di tessere marmoree bianche. I Fenici esprimevano poi il loro
gusto per il colore anche nella produzione di tessuti, nei monili, nel trucco femminile.
In Italia, la civiltà etrusca, documentata nella grande quantità di necropoli e descritta da Vitruvio (soprattutto
per ciò che concerne i templi), testimonia un largo impiego del colore nelle sue varie applicazioni, come arredi, ar-
chitetture, sculture, usanze funebri; l’azzurro dei lapislazzuli, il nero del carbone, il rosso dell’ossido di ferro furono
utilizzati per le pitture delle tombe (Figura 3), per i rivestimenti di lastre di terracotta, per la coloritura delle arena-
rie, del tufo e dei calcari delle statue.
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