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BENI CULTURALI



























            Fig. 7-8.  Tratti da “Delle pietre antiche” - Il trattato sui marmi romani, di Faustino Corsi  -  a cura di C. Napoleone, 2001,
                                              alcuni campioni di marmi policromi


         3. Il colore dei lapidei: come e perche’

             Quando si parla di colore dei lapidei sussistono alcune consuetudini terminologiche a seconda che si faccia ri-
         ferimento ai marmi, ai graniti o alle pietre.
             All’interno della categoria marmi si suole separare i marmi cosiddetti “cristallini” (= marmi sensu stricto in sen-
         so geologico, di genesi metamorfica) dai marmi cosiddetti “calcarei” (= rocce carbonatiche, di genesi non metamor-
         fica)  e  i  marmi  “bianchi”  dai  marmi  “colorati”  (sia  “cristallini”  che  “calcarei”),  per  ragioni  soprattutto  tecniche
         (lavorazioni, trattamenti) su cui non ci soffermeremo.
               Nei graniti la separazione tra bianchi e “colorati” perde quasi di significato, sia per una maggior difficoltà ad
         individuare un granito veramente bianco (il bianco vero e proprio è una categoria praticamente inesistente), sia
         perché non vi sono, dal punto di vista delle lavorazioni e dei trattamenti, differenze come quelle che esistono tra i
         marmi bianchi e quelli colorati.
               Anche nei travertini il colore bianco, pur presente, è una rarità; il bianco dei travertini, infatti, è normalmente
         più  scuro  del  bianco  dei  marmi,  e  allora  il  colore  di  riferimento  di  questa  categoria  è  il  beige  del  travertino
         “classico”, una tonalità che, nei marmi, ricadrebbe già tra i “colorati”. Per travertini “colorati” si intendono allora i
         vari rosa, marroni, gialli, rossi.
             Per l’ampia categoria delle pietre, infine, il termine “colorati” assume connotati ancora diversi, sia per l’etero-
         geneità della categoria stessa, che non ha riferimenti petrografici specifici, sia, probabilmente, per il fatto che il loro
         utilizzo non sempre privilegia il colore nella misura in cui questo avviene per le altre categorie di lapidei.
             La classificazione del colore nei materiali lapidei non ha mai seguito schemi ben definiti e solo rarissimamente
         si avvale di standard internazionali o riferimenti codificati/tabellari, come il Sistema-Munsell o la Matrice di Oswald.
         Ne consegue che le denominazioni di “rossi”, “gialli”, “verdi” cui si riferiscono quotidianamente gli operatori sono
         sempre abbastanza soggettive, purtuttavia sufficientemente chiare per riuscire a capirsi tra addetti ai lavori.
             Vi è infine una regola di mercato piuttosto consolidata con i prodotti di origine naturale che attribuisce mag-
         gior pregio e maggior valore economico a ciò che in natura è più raro.
             Diventa quindi inevitabile chiedersi: perché determinate categorie cromatiche sono diffuse mentre altre sono
         così rare?  Perché certi lapidei non possono avere determinati colori?  Come mai non esiste il travertino verde?  E
         perché è così difficile reperire un granito blu o un marmo cristallino giallo?
             Qui di seguito cercheremo di chiarire perché, in alcune categorie, certi colori, in natura, sono assenti o scarsi,
         cosa è che determina quel colore in quella categoria di materiali, e cosa ciò comporti oltre al lato estetico e croma-
         tico.

         3.1 Colore e minerali

             La sconfinata gamma commerciale dei lapidei comprende i tre grandi gruppi litologici esistenti in natura: rocce
         magmatiche, sedimentarie e metamorfiche. Ognuno di essi definisce le modalità di genesi, le caratteristiche mine-
         ralogiche e petrografiche delle rocce, i costituenti, le composizioni, le strutture, e molto altro. A seconda del tipo di


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