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PANGEA Numero 8 Anno 2022

         roccia con il quale abbiamo a che fare, questa conterrà minerali, fossili, particelle, matrici, cementi, e altri costi-
         tuenti.
             Qual è il nesso tra questi costituenti e il colore della roccia?  È semplice! Con qualsivoglia tipo di roccia, il colo-
         re è sempre dovuto alla presenza di minerali specifici, alla loro composizione chimica, al loro stato di aggregazione
         e di stabilità. I motivi estetici e l’aspetto dei lapidei (simmetrie, geometrie, pieghe ecc.) possono dipendere da sva-
         riati elementi, ma il colore, in ultima analisi, lo si deve ai minerali e agli elementi chimici che essi contengono.
               In certi calcari, ad esempio, potranno prevalere i fossili, come il marmo Fossile del Marocco, il marmo Repen,
         il marmo Rosso Bilbao, il marmo Perlato Royal; nei marmi cristallini, o in una arenaria, si evidenzieranno le venature
         più o meno intense e sviluppate (arenaria Pietra Dorata, marmo Rosa del Portogallo). In un granito sarà la grana dei
         singoli  cristalli  ad  essere  più  immediatamente  riconoscibile  (granito  Grigio  Perla,  Labradorite  del  Madagascar).
         Tuttavia, in ognuno di questi casi, indipendentemente dal fatto che prevalgano ora i fossili, ora le venature, ora la
         grana, la roccia deve il suo colore ai minerali.
               Infatti, i fossili, se esaminati al microscopio, riveleranno un guscio e un riempimento interno costituiti da mi-
         nerali; le venature sono concentrazioni o aggregazioni di minerali; i cristalli dei graniti, infine, sono essi stessi dei
         minerali. Qualunque costituente una roccia, alla fine, è un minerale, salvo i casi in cui una roccia contenga della so-
         stanza organica (bitumi, asfalti, frustoli carboniosi ecc.), ma normalmente queste litologie non sono utilizzate nel
         mondo dei lapidei.
             Ma andiamo per ordine ed esaminiamo prima il colore in relazione ai minerali che lo determinano e, successi-
         vamente, in relazione alla frequenza di rinvenimento dei giacimenti di materiali lapidei.
             I minerali in natura sono migliaia ed assumono pressoché tutti i colori dello spettro visibile; senonché la stra-
         grande maggioranza delle famiglie litologiche che contano (e, quindi, dei materiali lapidei) può essere definita in
         termini di pochi minerali, solamente qualche decina; se poi andiamo ad osservare i lapidei più diffusi, come i graniti
         grigi, o quelli rosa, o i marmi bianchi, i minerali veramente importanti sono meno di dieci, talvolta tre o quattro.
             Il colore dei minerali si deve a cause varie, spesso complesse. In alcuni casi esso è dovuto a proprietà intrinse-
         che del minerale, strettamente connesse con la composizione chimica, come, ad esempio, il colore verde dei carbo-
         nati di rame. In altri casi, invece, il colore è connesso con le caratteristiche del reticolo cristallino (struttura) come
         nel caso del carbonio: due polimorfi del carbonio, la grafite e il diamante, sono chimicamente la stessa cosa, cioè
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         carbonio puro; tuttavia, la prima è opaca e nera, mentre il secondo è incoloro e trasparente .
             Altre volte il colore è dovuto a impurezze occasionali che possono essere presenti all’interno del reticolo cri-
         stallino; si tratta quasi sempre di presenze submicroscopiche, non di rado ubiquitarie in determinati minerali e in

         determinate rocce. E’ il caso   - frequente -   dei feldspati che si presentano di color rosa per la presenza di ossido di
         ferro (vedi anche poco oltre) in granuli submicroscopici, facendo passare un granito da grigio a rosa, rosso, amaran-
         to. In altri casi ancora gli effetti sono di carattere fisico, come nell’opale nobile, i cui colori sono dovuti ad effetti di
         rifrazione e riflessione della luce che penetra negli strati superficiali del minerale (per trasparenza l’opale risulta
         incoloro).
             Effetti analoghi si osservano nei cristalli di labradorite, ben noti nelle varie labradoriti presenti sul mercato
         (tutte ricadenti nella macro-categoria dei graniti); effetti talmente peculiari che la mineralogia ha istituito un nome
         specifico per spiegarli: la labradorescenza (Figura 9).

















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          Tanto per avere un’idea della importanza che gioca il reticolo cristallino, cioè la struttura intima dei minerali, si ricorda che la grafite
         è al primo posto inferiore della scala di durezza Mohs, e con essa sono realizzate le matite, mentre il diamante è la sostanza naturale
         più dura che esista in natura, ed occupa la posizione estrema superiore della stessa scala.



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