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PANGEA Numero 6 Anno 2021
ancora gravi difficoltà nell'uso delle risorse idriche per le attività umane a causa di ostacoli economici e infra-
strutturali, nonostante il loro livello di disponibilità idrica. Questo è cruciale per capire i danni sulle risorse idriche
quando il commercio guida la domanda di cibo (e quindi di acqua). Tutti questi fattori sono intrecciati in dinamiche
complesse, che richiedono approcci multidimensionali per essere spiegati e quindi affrontati.
Caffè_Etiopia: Fermo immagine della sezione Play with Caffè_Etiopia: Fermo immagine della sezione Play with data del sito
data del sito watertofood.org. La mappa mostra l’im- watertofood.org. La mappa mostra i volumi di acqua virtuale,
pronta idrica, espressa in litri, della produzione di un chi-
espressa in metri cubi, legati all’importazione di grano da parte
lo di caffè (o equivalentemente, metri cubi a tonnellata),
con focus sul caso della produzione in Etiopia. I dati fan- dell’Italia, con focus sui volumi di acqua virtuale importati dal Cana-
no riferimento all’anno 2016. da. I dati fanno riferimento all’anno 2016.
Alla luce dell’importanza dell’argomento e della necessità di creare coscienza sociale sul tema, nell’ottica di uno
scenario di aumento della popolazione e di esacerbamento di fenomeni estremi che coinvolgono le risorse idriche
come conseguenza dei cambiamenti climatici, dal progetto CWASI è nato di recente Water To Food, una piatta-
forma digitale di comunicazione dei dati della ricerca per sensibilizzare la società civile sul tema. Water to Food
nasce durante il primo lockdown da un’idea delle tre giovani ricercatrici, Benedetta Falsetti, Carla Sciarra e Marta
Tuninetti, che nell’ultimo anno hanno lavorato al fianco di un team di esperti in comunicazione digitale con l’obietti-
vo di creare un ponte tra società civile e accademia. Il database Water To Food, costituito dall’analisi di produzione
di cibo di oltre 200 prodotti di origine agricola nel periodo 1961 – 2016 e a cui si ha accesso accedendo al sito web
watertofood.org e cliccando sulla sezione play with data, permette a tutti gli utenti interessati di scoprire quanta
acqua è richiesta per produrre il cibo sulle nostre tavole, e quali sono i partner di commercio delle nazioni. E così si
può scoprire che per produrre un chilo di caffè etiope servono più di undicimila litri di acqua e che l’Italia importa
dall’Etiopia circa 95 milioni di metri cubi di acqua proprio sotto forma di chicchi da tostare. E ancora per la pasta:
tra i vari stati da cui proviene il grano, l’Italia importa in particolare da Russia, Australia, Stati Uniti e Canada, stato
da cui importa più di un miliardo di metri cubi di acqua virtuale. Considerando che il Lago di Garda ha un volume di
circa 50 chilometri cubi, si stima che il volume totale di acqua virtuale che l’Italia importa sotto forma di cibo nel
corso di un anno sia circa 1750 chilometri cubi (secondo una stima fatta per l’anno 2016), volume che corrisponde a
circa 35 volte il volume del lago di Garda. Il progetto Water To Food spiega questi concetti in modo facile e veloce;
le informazioni sull’impronta idrica del cibo sono mostrate attraverso video, infografiche e dati a forma di bolle.
In uno scenario in cui i cambiamenti climatici e l’aumento di popolazione minacciano la disponibilità idrica e l’acces-
so ad acqua e cibo, ricerche come quelle del progetto CWASI e della piattaforma di comunicazione Water To Food
sono ciò di cui la nostra società ha bisogno per essere sempre più coscienti del valore dell’unico bene che non ha
valore: l’acqua.
La piattaforma è disponibile a questo indirizzo: https://www.watertofood.org/
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