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PANGEA Numero 8 Anno 2022

         elementi  di  reticolarità  ecologica  incrementando  la  biodiversità  sia  direttamente  che  indirettamente.  Queste
         caratteristiche insieme alla capacità di controllo dell’erosione e l’ombreggiamento rendono i sistemi agroforestali
         validi strumenti per azioni di stabilizzazione microclimatica. Studi che hanno utilizzato il LER (Land Equivalent Ratio)
         come fattore di comparazione hanno dimostrato che dal punto di vista produttivo i sistemi agroforestali hanno una
         produttività complessiva superiore rispetto alla somme delle monocolture equivalenti. Per questi motivi negli ultimi
         decenni sono stati riscoperti nei contesti produttivi italiani ed europei, trovando luogo sia nella forme tradizionali,
         come il castagneto pascolato per i sistemi silvo- pastorali o le consociazioni di olivi e cerali per quelli agroforestali,
         sia in coniugazioni moderne come l’oliveto pascolato o il sistema silvoarabile che vede consociazione di pioppeto
         ibrido  e cereali.



              Da un punto di vista socioeconomico i sistemi integrati - che possono offrire produzioni primarie, secondarie
         e servizi - promuovono la multifunzionalità e la diversificazione produttiva del territorio e possono rappresentare
         un  valido  impulso  alla  nascita  di  reti  locali  collaborative  tra  produttori  o  tra  produttori  e  consumatori.  Tali
         caratteristiche oltre che rispondere pienamente a tutti gli obiettivi delle politiche globali, europee e nazionali di
         sviluppo agricolo sostenibile, possono rappresentare un valido impulso alla transizione agroecologica scala locale.



              Purtroppo  ad  oggi  le    pratiche  di  agroforestazione  sono  concepite  solo  come  un  affiancamento  utile  alle
         comuni pratiche agricole per produrre di più ed in maniera più sostenibile; fintanto che al ruolo dell’agricoltore non
         venga  riconosciuta  la  duplice  funzione  di  produttore  e  conservatore  delle  risorse,  una  delle  sfide
         dell’agroforestazione è garantire la sostenibilità anche nel reddito.


         2. Le esigenze ecologiche della provincia di Verona
         Stando all’ultimo rapporto ambientale regionale la provincia di Verona risulta una delle maggiormente interessate
         dall’aumento  dei  fenomeni  convettivi  con  una  maggior  frequenza  di  piogge  intense,  spesso  di  breve  durata,
         grandine  e  forti  raffiche  di  vento  a  causa  dell’estremizzazione  del  ciclo  idrologico  dovuto  all’aumento  della
         temperatura  media  globale.  L’aumento  medio  delle  temperature  induce  l’aumento  dell’intensità  e  della  durata

         delle ondate di calore e situazioni di siccità più frequenti, con un aumento medio decennale delle notti tropicali –
         con temperature maggiori a 20° C – soprattutto in pianura ed una diminuzione dei giorni di gelo, in particolare nelle
          zone montane e collinari.
              Nel veronese l’agricoltura rappresenta una delle fonti emissive maggiormente rilevanti e risulta essere tra le
         attività antropiche che esercita le pressioni più significative sui corpi idrici  superficiali e le falde freatiche, con forti
         alterazioni morfologiche e contaminazione da nitrati, pesticidi e diserbanti. Il livello di antropizzazione è molto alto
         e  la  connettività  ecologica  fortemente  danneggiata:  il  paesaggio  planiziale  è  caratterizzato  da  monocolture
         intensive  di  cereali  e  frutteti  con  bassa  percentuale  di  copertura  vegetale  mentre  i  versanti  collinari  sono
         concentrati sulla produzione viti-vinicola e sperimentano importanti fenomeni di erosione. L’indebolimento delle
         reti ecologiche e la diminuzione di biodiversità associata ha comportato ostacoli diretti alla produttività dei frutteti
          a causa della carenza di insetti impollinatori.
              In contesti territoriali che presentano simili caratteristiche l’utilità agronomica del ripristino di specie ad alto
         fusto associate alle colture erbacee è notevole dal punto di vista ecologico e può contribuire al restauro
         paesaggistico, al controllo delle temperature ed al  recupero delle funzionalità ambientali.


         2.1. Il Progetto Boscaja
             Il Progetto Boscaja nasce dall’esperienza di “nuove vite contadine”, una rete promossa dal Comitato MAG Ve-
         rona per la Solidarietà Sociale e che mette in relazione attori agricoli ed interessati per stimolare il confronto e la
         condivisione di esperienze con l’obiettivo di costruire stili agricoli in rapporto stretto con la realtà materiale e socia-
         le locale attuando strategie comuni e di aiuto reciproco. Boscaja si propone di rispondere al degrado ambientale del
         paesaggio agricolo veronese attraverso l’inserimento di aree boscate, filari e siepi campestri sperimentando le pian-
         tumazioni su tre fasce altimetriche - collinare, pedemontana e pianura - proponendo alle aziende agricole interes-
         sate di mettere a disposizione terreni marginali o inutilizzati e di impegnarsi nella piantumazione e manutenzione di
         almeno un ettaro di bosco per dieci anni, sostenute nella realizzazione dell’impianto dal comitato di coordinamento
         del progetto. In particolare è la cooperativa Co.Ge.V. (Cooperativa Gestione Verde) che raduna i professionisti nella
         progettazione e consulenza agro-forestale e ambientale che predispongono i modelli progettuali di partenza con



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