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BENI CULTURALI
Se poi il desiderio è per un giallo “venato”, occorre cercare quei graniti che, nella loro storia, hanno subìto par-
ticolari vicende geologiche (ultrametamorfismo, deformazioni, o una fusione parziale), circoscrivendo ulteriormen-
te le aree di possibile reperimento.
I graniti neri, invece, derivano da magmi di composizione molto basica, i quali costituiscono una quota minori-
taria tra quelli esistenti in natura. Se al materiale è richiesta una grana molto fine (= cristalli molto piccoli), caratteri-
stica questa che conferisce il nero più profondo (nero “assoluto”), le rocce che soddisfano questo requisito sono
pochissime (soprattutto le doleriti), spesso compromesse da ridotti spessori e da un’elevata fratturazione. La conse-
guenza è che i neri assoluti sono molto rari e, notoriamente, molto pregiati.
Un ulteriore aspetto da considerare nelle relazioni colore-minerali è il fenomeno dell’alterazione. In molte roc-
ce i minerali primari, cioè quelli con cui le rocce stesse “sono nate”, si modificano in qualcos’altro, cioè si alterano.
Si intende per alterazione di un minerale la sua trasformazione, ad uno stadio più o meno avanzato, in un’altra spe-
cie minerale, quasi sempre accompagnata dalla perdita, parziale o totale, del colore originario, nonché, spesso, di
alcune proprietà meccaniche. Il fenomeno aggredisce tutti i materiali, ma è su alcuni che, in virtù della loro compo-
sizione, determina le maggiori conseguenze in fatto di colore. Alcuni esempi: la mica biotite - nera - può trasfor-
marsi in clorite, di colore verde; il plagioclasio, grigiastro o incolore, può originare minerali verdi (es.: epidoto); i
feldspati possono generare ossidi e idrossidi, di tonalità gialle, arancio, rosse, comunque sempre ben colorate. Le
tipiche croste che molti graniti mostrano sulla superficie naturale, sono anch’esse un bell’esempio di roccia alterata
(Figura 20).
Fig. 20. La netta differenza tra il colore bruno chiaro della crosta esterna, visibile sulla superficie naturale alterata, e
l’effettivo colore nero della roccia fresca, visibile internamente dopo rottura con martello. Granito nero (dolerite), Zimbabwe.
Ai fini di questa nota, l’aspetto più importante è che, osservati in affioramento, o in cava, molti materiali simu-
lano una colorazione che non è quella che hanno quando li si indaghi un po’ più in profondità. Questo è dovuto al
fatto che alcuni dei loro minerali sono, appunto, alterati, e, in questa trasformazione, hanno acquisito l’attraente
colore del minerale che si è a loro sostituito. Poiché, procedendo in profondità, l’alterazione, normalmente, si ridu-
ce, fino a scomparire, diventa allora frequente che i minerali alterati si mostrino nella loro veste originaria, inaltera-
ta, e con i colori che normalmente li caratterizzano. Il fenomeno è molto comune nei graniti: molti graniti che, in
superficie, mostrano colori intensi e accattivanti (porpora, arancione, verde ecc.), a pochi metri di profondità, se
non a pochi decimetri, sono ordinariamente grigi, o rosa tenue.
Ora, poiché taluni materiali passano da ordinari a pregiati se, a parità di aspetto, il loro colore passa, per esem-
pio, da grigio a rosso (es: graniti “venati”, marmi cristallini), appare ben chiaro quanto sia importante sincerarsi del-
la continuità di un colore in un deposito, e, soprattutto, sincerarsi di quale sia la sua origine. Errori in questo senso
sono fatali: l’interesse per una risorsa può scemare del tutto e la fattibilità economica di progetti legati a un mate-
riale mal valutato può venir meno.
Da ultima infine, ma non per importanza, un’osservazione su un aspetto legato anch’esso alla mineralogia, ma
non nei termini in cui si è fin qui discusso. Si tratta dell’aspetto che certi materiali assumono quando, nella loro
composizione, la percentuale di qualche minerale (spesso uno solo) varia in misura minima. L’esempio migliore è
fornito dai graniti, i quali, per modestissimi aumenti nel contenuto di mica nera (biotite), diventano, a tutti gli
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