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GEOMORFOLOGIA E GEOLOGIA
abitazioni. Il problema è che in molti casi le abitazioni erano già state costruite prima dell’entrata in vigore della
normativa.
Tab. 1. Valori per il coefficiente di deflusso C in funzione del tipo di terreno, dell’uso del suolo e della pendenza (Benini,
1990).
1
Tipi di terreno
Vegetazione e pendenza
leggero medio compatto
<10% 0,13 0,18 0,25
Boschi
>10% 0,16 0,21 0,36
<10% 0,16 0,36 0,56
Pascoli
>10% 0,22 0,42 0,62
<10% 0,40 0,60 0,70
Coltivi
>10% 0,52 0,72 0,82
1
Cioè terreni con permeabilità alta (t. leggero), media (t. medio) o bassa (t. compatto).
3. Il rischio geomorfologico in Italia: mitigazione e criticità
Se un bene (come un’abitazione) è esposto in una zona pericolosa, si dice che è a rischio. Il rischio R (Risk) in-
fatti è definito come il prodotto della pericolosità H, già definita precedentemente, per due parametri del bene
esposto: la sua vulnerabilità V (Vulnerability) e il suo valore E (Exposure):
R = H · (V · E) (7)
È intuitivo capire come sarebbe semplice annullare il rischio geomorfologico: basterebbe non costruire in zone
suscettibili da frana e neanche vicino ai corsi d’acqua, annullando così gli ultimi due fattori della (7).
Come spiegato per esteso nel paragrafo precedente, sappiamo valutare sia la suscettibilità del territorio alle
frane sia la pericolosità idrologica. Malgrado ciò, purtroppo, molti edifici sorgono o in zone suscettibili alle frane o
in zone pericolose dal punto di vista idrologico. In questi casi, tranne le rare volte in cui si sono dovute evacuare
delle abitazioni, lo Stato permette la permanenza degli edifici cercando di mitigare il rischio attraverso la realizza-
zione di difese e/o interventi che abbassano la vulnerabilità dei beni esposti, ma che quasi mai riducono la pericolo-
sità della zona.
3.1 Interventi e difese in zone franose
Il bene da proteggere può essere esposto o a frane superficiali o a frane profonde.
Il rinsaldamento delle frane superficiali va in genere cominciato dall'alto, cioè nel punto ove la frana tende ad
allargarsi e a scoscendere. Bisogna poi creare qualche punto di arresto solido, ed evitare sia lo scorrimento selvag-
gio sia l’ infiltrazione delle acque. I provvedimenti che conviene prendere sono i seguenti (Benini, 1990):
1. A una certa distanza a monte della frana deve essere realizzato un fosso di drenaggio per raccogliere le acque
superficiali provenienti da quote più elevate e allontanarle dalla frana, convogliandole in modo adeguato nel
reticolato idrografico a valle. In certi casi può essere opportuna la costruzione anche di un drenaggio coperto,
interessante una limitata profondità, per intercettare acque sotterranee che altrimenti andrebbero ad affiorare
nel corpo della frana.
2. Realizzazione di una palificata che circonda la frana, posta a valle del fosso di drenaggio, ma almeno 10 - 15 m
sopra la frana stessa, e comunque in un posto ove il terreno sia stabile. Questo intervento ha lo scopo di legare
il terreno superficiale a quello più profondo e creare un limite oltre il quale possibilmente la frana non possa
procedere e rovinare il fosso di drenaggio.
3. Si provvede poi allo scoronamento e al conguaglio del terreno della frana, all’eliminazione delle zone maggior-
mente instabili, così da portarlo alla sua pendenza normale, eliminando i massi pericolanti.
4. Per fermare il materiale superficiale della frana, cominciando dall'alto, vengono realizzate delle viminate, fasci-
nate, ecc. in modo da creare dei piccoli terrazzamenti che diminuiscano la pendenza della frana. Se nella zona
c'e abbondanza di pietra, e scarsità di materiale per viminate, allora conviene costruire dei muretti a secco, e,
se il materiale ha pezzatura piccola, dei gabbioni. Spesso nell'interno della frana vengono disposti dei fossetti o
canaline di drenaggio, atti a raccogliere l’acqua che cade nell'interno della frana stessa, o che vi affiora, e gene-
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