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PANGEA Numero 3 Anno 2020

             ralmente disposti a spina di pesce e versanti in un collettore centrale posto lungo la linea di massima penden-
             za.
         5.  Costruzione di una staccionata o di un muro di trattenuta al piede della frana, a difesa del bene esposto.
         6.  Inzollamento del versante per strisce orizzontali (larghe 0,5 - 1 m e distanti 1 - 3 m) e inerbimento dello stesso
             mediante seminagione nelle strisce intermedie o rinverdimento con altri sistemi.
         7.  Rimboschimento dopo qualche tempo (in genere al 4° anno).
             Ovviamente questo è uno schema indicativo del procedimento da seguire: di volta in volta si dovranno sceglie-
         re le modalità di procedimento che meglio si adattano alla particolare situazione reale.
             I provvedimenti per tentare l’arresto delle frane profonde sono in genere assai costosi e non sempre sicuri. Essi
         sono giustificabili solo in relazione ai danni che la frana può provocare o a motivi di ordine sociale. Per le frane che
         si innescano a seguito della diminuzione di contrasto al piede, si cercherà di fare in modo che il contrasto si riformi
         impedendo l’erosione ed anzi favorendo il formarsi di un deposito (ad esempio con la costruzione di una briglia a
         valle del punto ove si vuole realizzare tale deposito). Per le frane nelle quali il movimento è causato da infiltrazioni
         d'acqua, bisogna allontanare l’acqua dal corpo della frana. Un intervento efficace è quello di costruire un fosso o un
         drenaggio perimetrale per allontanare le acque esterne dal corpo della frana. Tale opera però difficilmente sarà
         sufficiente, in quanto l’acqua può arrivare al piano di scivolamento o al corpo della frana anche da molto lontano e
         per via sotterranea. Sarà perciò necessario costruire un sistema di drenaggi profondi nel corpo stesso della frana,
         possibilmente più profondi del piano di scorrimento. Anche se il drenaggio profondo non raggiunge il piano di scor-
         rimento, è ugualmente utile, anche se in misura minore, perché assorbe una parte dell’acqua che si infiltra. Inoltre
         è preferibile realizzare i drenaggi profondi nella direzione del moto della frana e a partire dal basso verso l’alto, in
         quanto: a) funzionano come speroni, b) possono sopportare piccoli movimenti della frana stessa restando ancora
         efficienti e c) cominciano a funzionare appena ne è iniziata la costruzione (Benini, 1990).
             In casi particolari (ad esempio in terreni argillosi e a grana sottile dove l’effetto del drenaggio è molto limitato
         per la bassa permeabilità del mezzo), si può fare ricorso a tecniche specifiche molto costose quali il congelamento o
         l’elettrosmosi.


         3.2 Interventi e difese in zone alluvionabili
             Tra le opere di difesa dalle alluvioni, ricordiamo gli argini artificiali in corrispondenza dei beni esposti. Bisogna
         tenere sempre presente che gli argini sono rivolti a mitigare il rischio idrologico, abbassando la vulnerabilità dei be-

         ni esposti in una zona pericolosa, ma che la zona rimane comunque pericolosa. La costruzione di argini artificiali
         perciò dovrebbe sempre essere accompagnata da interventi da realizzare a monte.
             Nelle aree di montagna e di collina, il progressivo abbandono del territorio ha lasciato terreni incolti e privi di
         terrazzi: mentre le acque piovane prima ristagnavano infiltrandosi lentamente nel terreno, oggi esse scorrono rapi-
         damente in superficie, raggiungendo in pochi minuti il fondovalle. Qui la corsa delle acque può venire accelerata
         lungo strade asfaltate (spesso con cunette e scoli di scarico privi di manutenzione), e poi lungo l’alveo in parte ce-
         mentato dei corsi d’acqua, andando a ingrossare l’onda di piena che minaccia la pianura.
             Per rallentare questo processo sono necessarie opere di forestazione protettiva. La cura e la pulizia dei boschi
         servono poi a evitare che rami e tronchi vengano trascinati dalle acque, ostruendo la luce dei ponti e causando crol-
         li e straripamenti.
             Per controllare il trasporto di detriti e ridurre la velocità e la forza erosiva dei torrenti di montagna, occorrono
         briglie e muretti di contenimento, opere che necessitano di manutenzione.
             Più a valle occorre tenere pulito l’alveo dei fiumi e impedire che diventi luogo di scarico di rifiuti, riducendone
         cosi la capacità di portata e aumentando i rischi di inquinamento. Spesso è necessario asportare anche ghiaia e sab-
         bia (che tornano utili come inerti per calcestruzzi), ma con misura, perché i prelievi indiscriminati possono aumen-
         tare la capacità erosiva delle acque e rendere instabili p.e. i piloni dei ponti (Figura 6).




















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