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PANGEA Numero 6 Anno 2021
2.2 LA POROSITA’
Tutti i materiali lapidei contengono dei vuoti, anche se, talvolta, il loro aspetto porta chi non ha familiarità con la materia a
pensare che ne siano privi. Tali vuoti sono gli spazi non occupati da sostanza solida, e sono rappresentati da fratture, fessure,
pori, interstizi, cavità, buchi. L’insieme dei vuoti, indipendentemente dalla loro natura e dalla loro genesi (aspetti sui quali la
presente nota sorvola) prende, come già detto, il nome di porosità.
Per numerose proprietà tecniche di una roccia, i vuoti giocano un ruolo cruciale, per almeno tre importanti motivi:
costituiscono la via di accesso ad acqua, liquidi, gas ecc., agenti pressoché sempre responsabili di alterazioni e degradi
del materiale;
non partecipano ad alcun tipo di resistenza meccanica (la quale è affidata interamente alle parti solide di una roccia);
hanno una compressibilità infinita.
M.v. e porosità, come già sottolineato, sono strettamente legate tra loro poiché (a parità di composizione mineralogica), a
maggiori valori di porosità corrisponde una minor massa, e viceversa.
Tuttavia c’è porosità e porosità: vi sono porosità accessibili, dove i pori sono “aperti”, cioè in contatto con l’esterno (Figura 1),
ma vi sono anche porosità “intrappolate” all’interno della massa rocciosa, con i pori “chiusi”, cioè non comunicanti con l’ester-
no, e, come tali, non accessibili (Figura 1).
Figura 1: schematizzazione di un provino lapideo. I pori aperti sono comunicanti
con l’esterno e determinano la porosità accessibile; i pori chiusi non sono
comunicanti con l’esterno e determinano una porosità non accessibile.
Questa distinzione è fondamentale. La Norma EN 1936 distingue infatti tra una porosità aperta e una porosità totale (p.a. e
p.t. nel seguito). La p.a., detta anche apparente o accessibile, è rappresentata solo dai pori aperti, in contatto con l’esterno
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